Sopravvivere nelle stelle - La costanza della velocità della luce

Einstein ci ha spiegato (e noi poi lo abbiamo verificato) che la velocità della luce è finita, ed è sempre la stessa: circa 299.792.458 m/s (nel vuoto), qualsiasi sia il sistema di riferimento considerato. Questo semplice fatto porta a delle conseguenze assurde, come la dilatazione dei tempi e la contrazione delle lunghezze, che però sono vere e provate. In questo articolo vorrei concentrarmi in particolare su una cosa: quello che vediamo è passato. Più siamo lontani da un oggetto, una persona, più tardi ci arriverà la sua immagine.

Già, c’entra sempre lui. Il 26 Settembre 1905 viene pubblicato l’articolo “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento” nel quale Einstein espone la teoria della relatività ristretta, che si basa su due principi fondamentali:

  1. Il principio di relatività: il risultato di un esperimento è lo stesso in qualsiasi sistema di riferimento inerziale.
  2. Il principio di costanza della velocità della luce: la velocità cc con cui si propaga un segnale luminoso è sempre la stessa, indipendentemente dal sistema di riferimento in cui si effettua la misurazione.

Lo pone come assioma: la luce è costante. In sostanza non c’è una spiegazione, la natura si comporta così.

Luce sono le onde elettromagnetiche, luce è tutto ciò che osserviamo. Frequenze tali da risultare visibili ai nostri occhi si manifestano sotto forma di colori.

In questo momento ad esempio la luce dello schermo su cui state leggendo è un’onda elettromagnetica che arriva ai vostri occhi. Allo stesso modo tutto ciò che vi circonda emette o più semplicemente riflette una luce. Non c’è bisogno di schermi, lampadine o tecnologia: la stessa luce solare è onda elettromagnetica. Riusciamo a vedere le cose perché queste riflettono luce, che arriva poi ai nostri occhi.

Immaginate adesso le particelle di luce (perché la luce è contemporaneamente onda e particella) che rimbalzano sugli oggetti che avete intorno e arrivano ai vostri occhi. Ci siete? Se la luce ha velcità finita vorrà dire che impiega un certo tempo per percorrere la distanza tra voi ed un oggetto scelto. Più aumenta questa distanza, più tempo ci metterà ad arrivarvi. Facciamo dei calcoli, sapendo che:

Tempo=Distanzac \text{Tempo} = \dfrac{\text{Distanza}}{c}

e approssimando

c=299.792.458 m/s300.000.000 m/s=300.000 km/s c = 299.792.458 \text{ m/s} \approx 300.000.000 \text{ m/s} = 300.000 \text{ km/s}

  1. Oggetto posto a distanza 1 metro: la luce impiega un 300.000.000-esimo di secondo (un trecentomilionesimo di secondo) per arrivare a noi.
  2. Oggetto posto a 300.000 km: la luce impiega un secondo per arrivare a noi.
  3. Il Sole si trova a 150.000.000 km di distanza. La sua luce impiega circa 8 minuti e 20 secondi per arrivare sulla Terra.
  4. La luce della seconda stella più vicina a noi dopo il Sole, Proxima Centauri, impiega ben 4,22 anni per raggiungerci.

In Astronomia infatti si usa direttamente l'anno luce come unità di misura delle distanze, per indicare appunto dopo quanti anni la luce di un determinato corpo celeste giunge sulla Terra.

Lo vedete il passato? La luce che illumina le nostre giornate è “vecchia” di 8 minuti e 20 secondi. Se il Sole sparisse improvvisamente ce ne accorgeremmo 8 minuti e 20 secondi dopo. Quando ammiriamo al telescopio una stella lontana stiamo vedendo in realtà com’era anni fa.

Allo stesso modo però anche quello che è vicinissimo a noi è in un certo senso vecchio. La luce impiega comunque un tempo finito per viaggiare. Tutto quello che osserviamo è già accaduto, da poco o tanto tempo.

Se ci trovassimo su Proxima Centuari potremmo osservare cosa succedeva sulla Terra 4,22 anni fa. Se fossimo su Altair, cosa succedeva 17 anni fa. Su Betelgeuse, 642,5 anni fa. Sfortunatamente non possiamo viaggiare più velocemente della luce, perciò non abbiamo modo di rivederci da una stella. Il tempo di arrivare e gli “anni-luce” sarebbero già trascorsi. Può farlo chi è già lì, se qualcuno c’è.

Gesualdo Bufalino, in Diceria dell'untore scriveva:
“Certe volte penso un pensiero sciocco e bello, guardando la notte sopra di me. Penso che se uno potesse correre più presto della luce e sopravanzarla e fermarsi ad aspettarla in qualche stazione di stella, vedrebbe replicarsi per intero tutto il rotolo del passato. Mi consola pensare che in un raggio ancora in cammino c’è lui che mi bacia e mi parla, e che qualcuno in capo al cielo non sa ancora che è morto”.
  1. Valerio C., Storia umana della matematica, Torino, Einaudi, 2016.

  2. Wikipedia