L'interferenza di Young

Siamo finalmente arrivati all’esperimento più sorprendente della meccanica quantistica: l’interferenza di Young. Young in realtà ideò questo esperimento nel 1801 senza avere minimamente idea di cosa significasse la parola “quanto”, il suo era uno studio sull’interferenza delle onde luminose. Tuttavia, più di un secolo dopo, è stato ripreso per verificarne la correttezza anche per le particelle di luce, i fotoni. Feynman di questo esperimento diceva: “…sta al cuore della meccanica quantistica. In realtà ne contiene l’unico mistero”. Oltre a dimostrare che le particelle si comportano come onde e viceversa (dualismo onda-particella, sul quale torneremo più avanti), con questo esperimento ci rendiamo conto del fatto che il nostro sguardo può influenzare in modo significativo il corso degli eventi. Buona lettura.

Vi capita mai di provare vergogna di fronte ad altre persone? Di comportarvi in modo diverso, dire la cosa sbagliata per poi pensare tra voi e voi: “Ma perché ho detto quella cosa?”. Oppure semplicemente di sentirvi più liberi di esprimervi quando siete soli: di cantare, di scrivere, di suonare, di cucinare qualcosa di buono.

Il solo sguardo di qualcun altro talvolta interferisce con il nostro comportamento.

La doppia fenditura di Young ci dimostra che questo succede anche alle particelle! Inspiegabilmente esse sanno quando le stiamo guardando e agiscono in maniera diversa rispetto a quando nessuno le vede. Bellissimo, no? Non a caso molti lo ritengono l’esperimento più affascinante di tutta la fisica.

Per ora mi limiterò a descriverlo qualitativamente, dalla prossima volta inizieremo a parlare della teoria della meccanica quantistica e capiremo come si può prevedere questo risultato matematicamente.

Consideriamo una sorgente di luce, una barriera opaca con due fenditure e una lastra fotografica. Dagli studi di ottica sappiamo che la luce che passa attraverso due fenditure crea sulla lastra la figura d’interferenza mostrata nell’immagine qui sotto.

 \space

spettro

Interferenza doppia fenditura

 \space

Se chiudiamo una delle due fenditure non c’è più interferenza e l’immagine risulta semplicemente questa:

 \space

spettro

Singola fenditura

 \space

Tuttavia, come abbiamo visto nell’articolo precedente, negli anni ‘20 del Novecento alla luce non veniva più attribuita soltanto una natura ondulatoria ma anche corpuscolare. La si poteva cioè considerare fatta di particelle, i fotoni. Ripetiamo allora l’esperimento utilizzando una sorgente luminosa in grado di emettere un fotone per volta e vediamo cosa succede.

Se entrambe le fenditure sono aperte, man mano che i fotoni si accumulano sulla lastra fotografica notiamo che ricreano la figura d’interferenza. Già questo risultato è incredibile! Abbiamo dimostrato che i fotoni si comportano allo stesso modo delle onde elettromagnetiche, dunque il dualismo onda-particella per la luce. Ma cosa interferisce con il singolo fotone? Come si crea la figura d’interferenza se non ce ne sono altri in giro, visto che ne mandiamo uno per volta? Il fotone sa forse che ci sono due fenditure aperte anche se può passare soltanto attraverso una di esse? Per fare chiarezza decidiamo di mettere dei rivelatori sulle fenditure, così da sapere precisamente come si muovono.

Ecco la sorpresa. Accendiamo i rivelatori, iniziamo a far passare i fotoni e… Non c’è nessuna interferenza! Avanzano in maniera del tutto indipendente tra le due fenditure. La figura che ci troviamo davanti è in sostanza quella della singola fenditura moltiplicata per due:

 \space

spettro

Doppia fenditura con rivelatori accesi

 \space

Nessuna interferenza. Non appena spegniamo i rivelatori però la figura ricompare! Ritroviamo le bande!

 \space

spettro

Doppia fenditura con rivelatori spenti

 \space

L’esperimento è stato ripetuto tante volte ed il risultato è sempre lo stesso. Sembra proprio che i fotoni sappiano quando i rivelatori sono accesi, che sappiano quando li stiamo guardando. La nostra ignoranza sul loro percorso invece gli consente di interagire e creare la figura d’interferenza. Ma cosa succede esattamente quando nessuno li guarda? E soprattutto perché scompare tutto non appena li osserviamo? Sono le stranezze della meccanica quantistica che tanto hanno fatto innervosire Einstein, ve le racconterò nei prossimi articoli.

Volete sapere un’altra cosa però? Quello che succede alla luce con i fotoni e le onde luminose accade a tutta la materia! Tutte le particelle, di materia e antimateria, si comportano come delle onde, interferiscono tra loro e formano la figura d’interferenza vista sopra. Inoltre, tutte sanno quando le stiamo osservando e si muovono in maniera diversa. Da brividi. Riuscite a guardavi intorno allo stesso modo sapendo che tutto quello che vi circonda è in un certo senso consapevole del fatto che lo stiate studiando o meno? Non vi fa un effetto diverso quel raggio di luce che entra dalla finestra?

Una precisazione: le particelle si comportano in maniera diversa quando vediamo il loro percorso, quando siamo in grado di dire che strada hanno fatto per arrivare in un punto, non quando le guardiamo una volta arrivate. In questo caso infatti compare la figura d’interferenza, perché interagiscono prima.

Nessuno al momento è ancora riuscito a spiegare come facciano le particelle a sapere di essere osservate. La meccanica quantistica ci spiega cosa succede, ma non ci dice perché. E poi ci sarebbe da chiedersi: accade solo con noi? Con noi esseri umani? Come si comportano rispetto all’ambiente che le circonda, rispetto agli altri “atomi osservatori”? Vediamo forse cose diverse?

Non sappiamo ancora cosa ci sia dietro questo meccanismo d’imbarazzo, ma converrete sul fatto che sia assolutamente strabiliante.

  1. Lederman L. M. e Hill C. T., Fisica quantistica per poeti, Torino, Bollati Boringhieri, 2011.

  2. Rovelli C., Helgoland, Milano, Adelphi, 2020.

  3. Immagine interferenza da Wikipedia